Era mediale e digitale: qualche riflessione sugli adolescenti

Written by Vincenzo Di Leo. Posted in Articoli

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I mezzi di comunicazione di massa, nella società “globalizzata”, sono numerosi e sempre più “complessi” per funzioni e potenzialità talvolta conosciute solo in parte dall’utilizzatore finale.
La possibilità di agire, utilizzando il mezzo, e di inter-agire, realizzando azioni con e/o per gli altri, supportata dagli apparecchi più recenti, ha determinato una trasformazione dell’intero sistema ivi compreso il consumo mediale.
I cellulari, ad esempio, rappresentano una sintesi di tecnologia e di contenuti che potremmo definire “alla portata di tutti”. Oltre a telefonare, infatti, ci permettono di immortalare, attraverso immagini statiche o in movimento, frammenti del nostro quotidiano che, volendo, è possibile condividere con gli altri mediante un mms o un contenuto da collocare in rete.

Una questione sempre aperta ogniqualvolta si parla dei mass media è quella di domandarsi se fanno bene o male. Le drastiche risposte, richiamando Eco, ci riconducono ad una prospettiva apocalittica vs una integrata. Prima di liquidare la questione con una risposta,

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che il più delle volte è data solo considerando alcuni degli aspetti del problema: gli effetti, reali o ipotizzati, del medium sull’individuo, occorrerebbe, fare delle riflessioni, magari sostenute da dati di ricerca, sui mezzi di comunicazione.
Ai soggetti in via di sviluppo, bambini ed adolescenti, “Tv e new media sembrano dischiudere il mondo, aprire uno spazio di esplorazione a distanza invitante ed affascinante apparentemente senza rischi e protetto da imprevisti”. Tra i mezzi, quello maggiormente diffuso, la Tv “può apparire un’agenzia di socializzazione alternativa alle istituzioni tradizionali non per i messaggi che veicola bensì per le modalità con cui avvengono le esperienze in-formative. E’ una socializzazione leggera” (Martelli, 1996).
I mass media, di cui la Tv è il mezzo più emblematico, forniscono una serie di contributi che sostengono il processo di socializzazione rendendolo immediato e leggero ovvero meno impegnativo rispetto al carico richiesto dall’esperienza “sul campo”.
Nel corso degli ultimi vent’anni numerose sono state le definizioni, alcune delle quali particolarmente suggestive, elaborate dagli scienziati sociali di varia estrazione, per esplicitare, della Tv: peculiarità, funzioni, vizi e virtù. Tra queste ne richiamo qualcuna:
-“Efficiente governante” e “Baby Sitter elettronica” (Ferrarotti, 1992).
-“Genitore sociale“ capace di insegnare un po’ di tutto a tutti che abbatte i confini tra le generazioni (Pellai, 1999).
-“Parcheggiatrice di minori” (Pellai, 1999).
-Agente di socializzazione “potente” e globale: chiunque e ovunque la guardi impara qualcosa (Lemish, 2007).
Stando all’ultimo rapporto IARD, il 94,1% dei giovani (15-34 anni) consuma Tv (Buzzi, Cavalli, De Lillo, 2007). Altre ricerche (Pellai, 1999) segnalano che la metà delle ragazze e dei ragazzi italiani, a 10 anni, ha una Tv in camera propria e che l’adolescente che oggi consuma molta Tv era un bambino che ieri ne consumava altrettanta.
Questi pochi dati sostengono alcune riflessioni che, al lettore più attento, sembreranno un esercizio retorico. Chi autorizza il bambino a guardare la Tv? Chi colloca l’apparecchio nella sua stanza? E’ così sorprendente che la Tv sia vista dalla quasi totalità dei ragazzi italiani tenuto conto che da bambini veniva loro proposta? Le risposte, alquanto ovvie, chiudono la questione ma ne aprono delle altre, decisamente interessanti da un punto di vista psicosociale: ci sono cambiamenti, soprattutto identitari, che la fruizione e l’utilizzo dei media, in particolare dei new media, determinano? Cosa, in particolare i più giovani vedi gli adolescenti, fanno con i media?
Il SÉ, centro nevralgico organizzatore della personalità, da caratteristica interiore, immateriale ed a-spaziale, è divenuto, con la diffusione della Comunicazione Mediata un SÈ sempre più “distribuito” in diversi spazi e in diverse identità per questa ragione ha assunto le caratteristiche di SÉ dialogico.
Il SÉ dialogico può essere inteso come

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una pluralità di posizioni dell’IO, relativamente autonome nell’ambito delle diverse attività (scuola, famiglia, internet, etc.), che lo rendono “fluttuante” quindi in movimento tra posizioni diverse, a volte opposte, per la relazione dialogica che si instaura tra dimensione interiore vs dimensione esteriore.
Nascita, sviluppo, diffusione ed evoluzione dei mass media hanno determinato uno stravolgimento delle relazioni interpersonali. Oggi non si può, e non si deve (pena essere anacronistici!), prescindere dalle ripercussioni e dalle potenzialità dei media (vecchi e nuovi).
La ricerca, particolarmente sensibile ed attenta a registrare e spigare il cambiamento, mentre in passato si interessava al “che cosa fanno i media alle persone” in tempi più recenti si interessa al “che cosa fanno le persone con i media” (Manuti et al., 2005).
E’ indiscutibile che i media permettono, a tutti gli individui, di comunicare prescindendo dalla fisicità e dalla contemporaneità. In altre parole per comunicare non è più indispensabile la relazione faccia a faccia ne l’ubicazione nel medesimo luogo e nel medesimo tempo.
La Comunicazione Mediata da Computer (CMC), ad esempio, abbatte sempre, sia nella sua declinazione sincrona che in quella asincrona, il vincolo dello spazio.
I new media, in particolare, sono “macchine di significato” che distribuiscono nuove idee, modelli di comportamento, modi di pensare, in modo rapido e tra una molteplicità di individui in un tempo esiguo. Per questa ragione, l’identità, nella società contemporanea “digital-mediata”, è il risultato, se non addirittura hegelianamente una sintesi, di un processo di negoziazione tra Sé/Altro. L’Altro, infatti in questo tipo di interazioni, assume i caratteri delle proprie aspettative quindi si integra nel Sé divenendone una componente.
La rete induce a (ri)pensare a una nuova via per la costruzione identitaria che attraverso la condivisione e la “narrazione” sostiene diversi passaggi-esperienze (condivisione/fluttuazioni/trasgressioni/etc.). I blog, forma di CMC, ad esempio, sostengono lo sviluppo del Sé dialogico. I diversi contenuti (testi, musica, foto, etc.) sono funzionali alla “narrazione” del Sé e ne rappresentano l’evoluzione temporale (Ligorio & Hermans, 2005).
I contorni di dicotomie tradizionali, che sottendono alla duplice dimensione Personale vs Sociale, Pubblico/Privato o Noi/Altri si sono profondamente modificati. Una produzione personale, che si tratti di una riflessione, una foto o una qualsivoglia composizione, espressione comunque della soggettività, collocata in rete è con-divisa ergo diviene pubblica essendo divisa con la comunità. Il senso di categorie, che rimandano a concetti identitari quali il Noi vs gli Altri è, più che mai, composito. E’ divenuto il frutto di negoziazione permanente tra i “parlanti” ovvero tra coloro che, ad esempio, frequentano internet attivamente. Il singolare ed il plurale, in virtù del medium, hanno linee di demarcazione sempre più labili.
Tutto questo spinge ad alcune considerazioni. L’identità degli adolescenti, nella società contemporanea, è non solo da comprendere, trattandosi di soggetti in via di evoluzione ed essendo, per definizione, esposti a cambiamenti frequenti, ma anche da definire e da scoprire, tenuto conto delle numerose influenze provenienti da diverse fonti, alcune delle quali sono entrate nelle nostre vite solo in anni recenti. Per farlo è indispensabile una frequenza critica “dell’agorà digitale”, da parte degli adulti, sostenuta dalla curiosità ma non aprioristica e pregiudizievole quindi orientata a “distruggere” ciò che risulta inspiegabile o di difficile comprensione. E’ anche nell’ambito virtuale, infatti, che gli incontri ed i confronti, talvolta gli scontri, tra gli interlocutori si realizzano e si consumano sotto gli occhi di molti producendo conseguenze che, per essere affrontate, richiedono comprensione.
Per frequentare le rete, tuttavia, è indispensabile superare il gap tra i nativi e gli immigrati digitali. I naufraghi digitali, per questa scoperta, non hanno speranza alcuna. Proprio per questo è bene che non si percepiscano dei privilegiati ritenendosi, in nome

dell’esperienza di vita “nel reale”, gli unici capaci di giudicare convinti che solo le interazioni faccia a faccia rappresentano “l’unica forma di vita”.

Riferimenti Bibliografici
S. Annese (2005). L’identità alla Tv: un repertorio fluido di sé in Identità dialogiche nell’era digitale (cit.).
C.Buzzi, A.Cavalli & A.de Lillo (2007). Rapporto Giovani. Sesta indagine dell’Istituto IARD sulla condizione giovanile in Italia. Bologna, Il Mulino.
F.Ferrarotti (1992). Mass media e società. Roma-Bari, Laterza
D.Lemish (2007). I bambini e la TV. Milano, Cortina.
M.B.Ligorio e H.Hermans (a cura di) (2005). Identità dialogiche nell’era digitale. Trento Erickson.
H.Hermans e M.B.Ligorio (2005). Dialogo e tecnologia come laboratori dell’Identità in Identità dialogiche nell’era digitale (cit.).
V.W.Hevern e A.C.Pugliese (2005). Identità virtuali che si intrecciano con la storia: il sé a dialogo con l’altro in Identità dialogiche nell’era digitale (cit.).
A.Manuti, M.Cortini e G.Mininni (2005). Tracce cellulari del sé:uno studio sull’uso degli sms in Identità dialogiche nell’era digitale (cit.).
S.Martelli (1996). Videosocializzazione. Milano, Angeli.
A.Pellai (1999). Teen Television:gli adolescenti davanti alla TV. Milano, Angeli.

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